Il Premio Allegrini 2020 alla mostra “Raffaello 1520 – 1483″

Pubblicato il 17 novembre 2020

Sono Marzia Faietti e Matteo Lafranconi, curatori della mostra “Raffaello 1520 – 1483”, che si è tenuta alle Scuderie del Quirinale, i vincitori del Premio Allegrini “L’Arte di mostrare l’Arte” 2020. La cerimonia è stata rimandata al 2021, dopo una consegna “simbolica” del premio online.

Nel cinquecentenario della morte del grande artista del Rinascimento, la mostra, organizzata da Ales – Scuderie del Quirinale e dalle Gallerie degli Uffizi, è divenuta un atto di riconoscenza dell’intero Paese a uno dei maestri che più hanno contribuito a dare forma all’arte italiana e che più hanno influenzato lo sviluppo della pittura negli ultimi cinque secoli. Inaugurata lo scorso 3 marzo, la mostra ha dovuto chiudere per l’emergenza sanitaria l’8 marzo. È ripartita il 2 giugno, con aperture notturne e un grande successo di pubblico.

“Quest’anno non abbiamo voluto sospendere niente – spiega Marilisa Allegrini – Anzi, dalle difficoltà occorre ribadire l’impegno per fare ancora di più. Per storia e attività professionale, posso dire che le vendemmie difficili, quasi impossibili, spesso ci lasciano vini buoni, di personalità, che nessuno dimentica. Così anche per le grandi mostre. Il nostro Raffaello, il nostro Giulio Romano, suo allievo, che ha immaginato Villa Della Torre a Fumane di Valpolicella, sarebbero d’accordo”.

“È nei momenti difficili che deve venir fuori la parte migliore di noi – le fa eco Marzia Faietti, curatrice per le Gallerie degli Uffizi, coorganizzatrici della mostra insieme alle Scuderie e prestatrici di circa 50 opere sulle 200 complessive -. Così accadeva a Raffaello, che seppe muoversi tra le difficoltà del momento storico, le esigenze del committente e quelle dell’artista. C’è un messaggio ancora attuale sotteso alla sua arte universale, caratterizzata da un grande senso della professionalità e dalla capacità di conciliare gli opposti. Non si tratta di un compromesso, ma di un raro equilibrio che ha indubbie ricadute sulla vita sociale e personale, associato a una comunicazione pacata, che arrivava a molti nonostante la complessità dei suoi contenuti. Sappiamo che era anche un uomo amabile. Aveva la capacità di lavorare con gli altri lasciando libertà di espressione. Quello che ritroviamo nella Scuola di Atene è un inno alla pace filosofica, alla tolleranza, all’amore. Raffaello è nostro ambasciatore nel mondo, è l’ambasciatore di un’Italia straordinaria”.

 

“Sono state due per noi le ‘vendemmie’ difficili, commenta Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie del Quirinale -: la prima, dopo la chiusura inaspettata, a marzo, pochi giorni dopo l’inaugurazione; la seconda, con le difficoltà della riapertura durante il lockdown. La mostra è ripartita il 2 giugno, proprio quando doveva chiudere, in una data simbolica, creando quella idea di circolarità che avevamo usato come espediente narrativo della mostra, che va a ritroso, partendo dall’ultimo periodo di Raffaello, quello della sua maggiore universalità nel circuito della cultura. Qui si è creata un’idea di resilienza, resistenza, flessibilità e rilancio con una nuova accelerazione.

Abbiamo avuto una prova di cittadinanza culturale che non si vedeva da tempo, il tutto in un’idea di pace non solo simbolica. Negli ultimi giorni la mostra è rimasta aperta 24 ore su 24, ed è stato incredibile vedere la gente arrivare disciplinatamente durante il giorno e la notte. Tutto ciò è stato possibile – conclude Lafranconi – grazie alla coorganizzazione degli Uffizi con le Scuderie del Quirinale e l’assistenza dei Musei Vaticani e della Galleria Borghese. Porto con noi nel ricevere il premio anche chi si è occupato dell’allestimento, che ha rappresentato creativamente anche le idee più audaci dei curatori”.

La mostra, si legge nella motivazione del premio, assegnato dalla giuria presieduta da Antonio Foscari e giunto all’ottava edizione, nella sua singolare cronologica inversione di date, è riuscita a illustrare, a tutto tondo, la grandezza di Raffaello, riassunta nella versatilità di un genio che non fu solamente pittore, ma anche frescante, architetto, antiquario e autore di insuperabili invenzioni per arazzi e stampe. Con la cospicua selezione di disegni esposti, i curatori hanno intelligentemente evidenziato come ogni opera dell’Urbinate sia l’esito di una raffinata ricerca della perfezione, che è la cifra di un pittore la cui vita venne anzitempo spezzata, interrompendo l’esecuzione di mirabili progetti. Le opere che ci ha lasciato restano eterne e come tali sono riuscite a vincere anche le limitazioni imposte dalla complessa situazione attuale. Riaperta, dopo qualche mese, la Mostra si è conclusa il 30 agosto con uno strepitoso successo di pubblico.