Il Fiorano Rosso è, con molta probabilità, il primo taglio bordolese in Italia proposto alla vendita al pubblico con una sua etichetta e che continua tutt’ora a esser prodotto: il suo “genitore” fu il principe Alberico Boncompagni Ludovisi, la “continuità”, con stessa etichetta, uvaggio, filosofia e maestranze in vigna e cantina, è opera del nipote Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi.
La storia moderna della Tenuta di Fiorano risale alla prima metà del secolo scorso: “Il vino si cominciò a produrlo all’incirca nel 1930, ma da viti locali. Fu nel 1946, quando ricevetti da mio padre la proprietà agricola di Fiorano, che giudicai scadente il vino prodotto e consultai l’enologo dottor Giuseppe Palieri, che mi propose d’innestare sulle viti di Fiorano il Cabernet e il Merlot alla proporzione reciproca del 50% e, separatamente, la Malvasia di Candia e il Sémillon per il vino bianco. Così feci subito e mi valsi del dottor Palieri finché visse”, come racconta da Armando Castagno nel suo libro “Fiorano, memorie e girandole”. Ma di Giuseppe Palieri – direttore dell’azienda vitivinicola di Maccarese dove nel 1960 produceva il San Giorgio, un taglio bordolese che però non è arrivato fino a noi – e del suo lavoro, si parlava già in un volume del 1935 di Vittorio Racah: “Varietà di viti a doppia funzione”. Il Principe Alberico si rivolse a lui per impiantare un vigneto completamente differente dalle tradizioni locali, che producesse un vino di grandissima qualità. Intanto, negli stessi anni, anche il marchese Mario Incisa della Rocchetta aveva lavorato appassionatamente al “suo” taglio bordolese (in terra bolgherese troviamo il Cabernet Franc a far da vassallo al Cabernet Sauvignon) per la produzione del Sassicaia: “Dal 1948 al 1967 il Sassicaia rimase dominio strettamente privato e fu bevuto solo nella Tenuta”, si apprende dal sito della Tenuta San Guido. Infatti la prima bottiglia in commercio del Sassicaia fu quella relativa all’annata 1968. Il Marchese Mario e il Principe Alberico frequentavano verosimilmente lo stesso ambiente aristocratico romano, per cui si può dire che l’idea di voler produrre grandi vini in Italia – all’epoca identificati nel blend bordolese – si riconduce a quella cerchia molto legata alla Francia con la quale poter condividere una certa idea di qualità, di bello e di rinascita dalla Guerra. L’impronta di una visione più personale, tra Mario e Alberico, si può cercare nella ricerca dei consulenti: il primo si avvale di professionisti internazionali e fa uso di barriques, il secondo segue una strada più italiana, avvalendosi anche della consulenza di Tancredi Biondi Santi e optando per l’utilizzo di botti grandi. Dunque due storie fondamentali per la nascita di una nuova era del vino italiano, della quale, per fortuna, abbiamo ancora testimonianza concreta delle storiche origini: meno di un anno fa, l’8 novembre 2015,all’asta internazionale di vini a Hong Kong organizzata dalla Gelardini&Romani Wine Auction, il lotto 285, relativo a una singola bottiglia di Fiorano Rosso 1956, ha fatto salire la febbre agli appassionati di vini storici: partendo da una base d’asta di 1.400 HK$, è stato alla fine battuto a 9.000 HK$, pari a un valore di circa 1.070 euro.